Esiste ancora il “doppio binario” alla luce della recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 25632/2021?

L'efficacia di una sentenza penale passata in giudicato che assolve un contribuente non spiega in via automatica i suoi effetti sulla correlata azione di accertamento fiscale e quindi in un processo tributario.

Il giudice tributario è tenuto a seguire l’ormai consolidato orientamento in base al quale “… non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in detta materia, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare” (Cfr. su tutte, Cass. n. 30941/2019).

In particolare, la rilevanza delle risultanze penali in ambito tributario va inquadrata alla luce di quanto disposto dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che disciplina le relazioni tra il processo penale e il processo tributario sulla base del principio del “doppio binario”, il quale implica l’autonomia del procedimento amministrativo di accertamento dei tributi e del procedimento penale, e di conseguenza del processo tributario e del processo penale.

A tal proposito, l’art. 20, d.lgs. n. 74 del 2000, prevedendo tale autonomia, sancisce «Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione».

Tale assunto, in via generale, esclude qualsiasi pregiudizialità fra il processo penale e quello tributario, pertanto, ciascuno di essi è autonomo in ragione delle diverse regole che conducono all’accertamento dell’illecito tributario rispetto a quello penale.

In tale chiaro contesto si inserisce la più recente sentenza n. 25632/2021, ora in commento.

La sentenza in parola risulta particolarmente apprezzabile perché gli ermellini, pronunciandosi sulla valenza di una sentenza penale di assoluzione nell’ambito di un giudizio tributario avente ad oggetto i medesimi fatti, offrono due distinti e rilevanti spunti connessi tra loro: da un lato, la non assoggettabilità del giudicato esterno ad alcuna preclusione processuale; dall’altro, più in generale, la circostanza che l’accertamento sui medesimi fatti operato in sede penale vincola il giudice tributario.

Con riferimento a tale secondo aspetto, la Suprema Corte ha precisato che l’assoluzione nel processo penale dispiega effetti anche nel processo tributario qualora riguardi la medesima fattispecie, più precisamente, l’accertamento di fatto effettuato in sede penale vincola il giudice tributario ove i fatti a base dei due processi siano i medesimi.

Ciò che viene precisato e che risulta particolarmente apprezzabile nell’ordinanza in commento è che, sebbene mai venga disconosciuta l’autonomia dei due processi, la sentenza di assoluzione trova efficacia in sede tributaria qualora vi sia una esplicita e non acritica valutazione ad opera del giudice tributario circa i medesimi fatti riscontrati in sede penale e tributaria, diviene, quindi, onere del giudice tributario valutare e motivare la valenza del decreto di archiviazione, in base al suo contenuto nonché alla documentazione e argomentazione dalle parti.

In definitiva, a parere di chi scrive, l’ordinanza in commento pur non superando il rigido principio del c.d. “doppio binario”, in linea generale, è da intendersi come un suo “affievolimento”, pertanto, si tratta di una pronuncia che in caso di conferma, nei successivi interventi da parte della Suprema Corte, aprirebbe nuovi orizzonti nei rapporti tra i due procedimenti tendendo verso un vincolo per il giudice tributario nel senso di un allineamento al parallelo giudizio penale. (riproduzione riservata)

Dario Librandi

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